Avvocato Brescia | Il reato di abuso dei mezzi di correzione
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reato di abuso - avvocato brescia 2021

Il reato di abuso dei mezzi di correzione

L’art. 571 del Codice Penale disciplina il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina. La norma punisce chiunque ecceda volontariamente nell’uso di mezzi disciplinari o correttivi ai danni di una persona soggetta alla sua autorità o a lui affidata per motivi di istruzione, educazione, cura, vigilanza, custodia, esercizio di una professione o di un’arte.

Il reato considera l’esercizio illecito di un potere riconosciuto dall’ordinamento. I mezzi di correzione, di per sé leciti, diventano illeciti quando si utilizzano in eccesso.

Se, invece, i mezzi usati sono di natura illecita (come minacce o sevizie), non si configura il reato di abuso dei mezzi di correzione bensì una fattispecie di reato contro la persona.

Scopriamo tutto quello che c’è da sapere riguardo a questo reato.

 

Reato di abuso dei mezzi di correzione: bene giuridico tutelato

Il bene giuridico tutelato deve essere individuato nell’incolumità psicofisica, nella dignità delle persone, nell’inviolabilità della libertà personale e nella libertà di manifestazione del pensiero.

L‘incolumità psicofisica va intesa anche in chiave evolutiva per salvaguardare coloro che, per età o condizione, hanno bisogno di sostegno educativo.

Elemento oggettivo

Il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina è un reato di pericolo: è sufficiente che la condotta possa mettere in pericolo l’integrità psico-fisica della persona offesa, non essendo diversamente necessario che l’evento-danno di verifichi.  Se, invece, si verifica anche in concreto la malattia nel corpo o nella mente, il reo risponde del reato di cui all’art. 571 c.p. nella sua forma aggravata, andando incontro, di fatto, ad una pena più alta. 

Il reato non deve essere necessariamente abituale. Può verificarsi in un unico atto rilevante ma anche quando i comportamenti dell’agente che ledono l’integrità psicofisica della vittima siano ripetuti per un apprezzabile periodo di tempo (Cassazione n. 18289/2010).

Il delitto ex art. 571 del c.p. è un reato proprio. Il soggetto attivo non può essere ‘chiunque’ ma soltanto chi ha un potere legittimo di disciplina o correzione ed esercita una certa autorità verso un’altra persona in base ad un rapporto di famiglia, istruzione, educazione, vigilanza, cura, custodia, esercizio di una professione o di un’arte.

L’abuso dei mezzi di correzione presuppone quindi l’esistenza di un rapporto di affidamento tra soggetto attivo e passivo che legittimi l’uso di poteri disciplinari per la protezione del soggetto passivo.

Il reato di abuso dei mezzi di correzione non interessa soltanto il rapporto genitori-figli ma anche educatori, maestri e professori, personale medico-sanitario e chiunque abbia un legittimo potere di educazione, istruzione, tutela, cura, vigilanza, custodia oppure nell’esercizio di una professione o di un’arte. Rientrano quindi in tale ambito anche il dipendente soggetto a chi eserciti un’autorità su di lui nell’esercizio di una professione, allievi affidati al maestro, soggetti minori o in condizioni di difficoltà/incapacità sottoposti a tutela. Ricordiamo, a tal proposito, i casi di violenza negli asili o nelle case di riposo.

Il rapporto disciplinare si estende al diritto privato (esercizio della responsabilità genitoriale) e pubblico (ad esempio, il rapporto tra direttore di un carcere e detenuti). In caso di rapporto derivante da diritto pubblico, il reato di cui all’art. 571 c.p. si applica solo se il fatto non integra un’atra fattispecie di delitto.

Riguardo al soggetto passivo, la Cassazione (n. 4444/2011) ha stabilito che il reato non sussiste se la condotta si verifica nei confronti di un figlio maggiorenne che, seppur convivente, non è più soggetto alla responsabilità genitoriale. Una tale responsabilità penale del genitore si integra soltanto se ha ancora una potestà sul figlio a cui il figlio stesso non può sottrarsi.

 

Elemento soggettivo

In passato, si riteneva necessario il dolo specifico (coscienza e volontà del soggetto attivo di commettere il reato per una finalità educativa).

Oggi, la dottrina prevalente considera sufficiente il dolo generico (la volontà consapevole di compiere il reato). La finalità correttiva non è ritenuta un fine ulteriore, che possa integrare il dolo specifico.

 

Reato di abuso dei mezzi di correzione a confronto con altri tipi di reati

Il reato di abuso dei mezzi di correzione e di disciplina (art. 571 c.p.) non va confuso con il reato di maltrattamenti in famiglia, disciplinato dall’art. 572 del codice penale.

Più volte, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha voluto fare chiarezza sulla differenza che intercorre tra questi due reati.

La sentenza n. 34460/2007 ha chiarito che alla base del reato di cui all’art. 571 c.p. c’è l’utilizzo di mezzi educativi (astrattamente consentito e legittimo) che si trasforma in abuso quando diventa eccessivo, intempestivo, arbitrario attraverso l’uso di mezzi illeciti (percosse, ingiurie, minacce). Il reato di maltrattamenti in famiglia si verifica, diversamente, quando la vittima è soggetta a continui episodi di violenza e prevaricazione che rendono le sue condizioni di vita intollerabili e mortificanti (Cassazione penale sez. VI, 26/06/2019, n.37635). Il reato di cui all’art. 571 c.p., inoltre, non è un reato necessariamente abituale, elemento invece imprescindibile per la sussistenza del reato di maltrattamenti.

 

Le circostanze aggravanti

Chiunque abusi dei mezzi di disciplina o correzione in danno della persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per finalità educative, di cura, istruzione, vigilanza o custodia per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione fino a 6 mesi se dalla condotta deriva il pericolo di una malattia nella mente o nel corpo.

Il reato risulta aggravato (comma 2, art. 571) quando dalla condotta criminosa derivi, come evento non voluto, una lesione personale o la morte della vittima. Il pericolo non deve essere voluto dall’agente, altrimenti la sua condotta integrerebbe un delitto contro la persona.

Il c.p. prevede una pena aggravata quando l’abuso porta ad una lesione personale nella vittima: in questo caso, si applicano le pene di cui agli artt. 582 e 583, ridotte a un terzo.

Se dall’abuso deriva, come evento non voluto, la morte della vittima (derivante anche da suicidio) si applica la reclusione da 3 a 8 anni.

E’ quanto mai necessario appurare che l’evento non sia voluto, altrimenti il reo deve rispondere di lesioni o di omicidio.

 

Casistica: l’utilizzo di mezzi violenti da parte dell’insegnante

Alla luce della più recente giurisprudenza sul punto, si segnalano alcune decisioni elaborate dai Giudici sul tema dei mezzi più o meno leciti impiegati dall’insegnante sul luogo di lavoro:

  • L’insegnante che picchia reiteratamente gli alunni con calci, schiaffi sulle mani, pugni, colpendoli con quaderni e libri in testa ed offendendoli ogni giorno chiamandoli “cretini, asini, stupidi, ritardati mentali” risponde del reato più grave di maltrattamenti in famiglia (Tribunale Benevento sez. uff. indagini prel., 29/05/2018, n.137).
  • Il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) sostituisce quello di abuso dei mezzi di correzione (art. 571 c.p.) quando la condotta offensiva e abusante del docente è reiterata nel tempo e non occasionale.
  • L’utilizzo di mezzi violenti da parte degli insegnanti nei confronti degli alunni integra il reato di maltrattamenti in famiglia, per cui i giudici possono disporre l‘interdizione dell’insegnante dall’esercizio del pubblico ufficio (Cassazione penale sez. VI, 28/06/2017, n.40959).
  • L’uso sistematico della violenza (come trattamento ordinario del minore) da parte del docente integra il reato di maltrattamenti sotto il profilo oggettivo e soggettivo (Cassazione penale sez. VI, 30/05/2017, n.31717).
  • Riguardo al sistematico ricorso ad atti di violenza nei confronti di minori (sopraffazioni e vessazioni, sofferenze fisiche e morali abituali inferte con coscienza e volontà), si configura il reato di maltrattamenti verso fanciulli (Cassazione penale sez. VI, 03/07/2017, n.47299).