Avvocato Brescia | Comunione o separazione dei beni?
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Comunione o separazione dei beni?

Al momento delle nozze o anche successivamente, gli sposi devono decidere se ricorrere alla comunione o separazione dei beni. Questo non significa in alcun modo porre limiti né tantomeno anteporre gli interessi economici al sentimento che unisce la coppia: semplicemente, la scelta tra comunione o separazione dei beni permette di chiarire la situazione economica e legale dei coniugi, consapevoli delle conseguenze dell’uno o dell’altro regime patrimoniale.

 

Comunione dei beni

La comunione dei beni si instaura automaticamente senza assolvere a particolari formalità: in assenza di diversa convenzione, la comunione legale dei beni regola per legge il regime patrimoniale della famiglia.

Rientrano a far parte della comunione tra coniugi:

 

  • I beni acquistati insieme o separatamente durante il matrimonio ovvero mediante un contratto preliminare concluso anteriormente, salvo espressa volontà di escludere il coniuge, dichiarata e riportata nel relativo atto di acquisto;
  • Le aziende costituite dopo il matrimonio, allorquando siano cogestite da entrambi i coniugi, anche se intestate formalmente soltanto a uno dei due;
  • Gli utili e gli incrementi delle aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi.

 

Secondo la comunione de residuo (art. 179 c.c.), non cadono automaticamente in comunione, ma solo se non sono stati consumati al momento dello scioglimento:

  • I frutti dei beni di ciascuno dei coniugi;
  • I proventi delle attività separate;
  • I depositi di denaro su conto corrente;
  • I beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi, cioè dell’azienda costituita dopo il matrimonio;
  • Gli utili e gli incrementi dell’impresa costituita da uno dei coniugi anche prima del matrimonio.

 

La comunione del residuo non fa nascere un diritto di credito in favore della comunione e a carico del singolo coniuge, ma dà luogo ad una semplice aspettativa di fatto.

 

Non rientrano nella comunione dei beni i c.d. “beni personali”, tra cui figurano, ad esempio, i beni ricevuti dal coniuge a titolo di donazione ovvero in eredità, anche durante il matrimonio.

 

Gli atti patrimoniali di ordinaria amministrazione possono essere compiuti da ambo i coniugi disgiuntamente (amministrazione ordinaria), senza alcuna previa autorizzazione.

Per gli atti di straordinaria amministrazione (quale, ad esempio, la vendita di un bene immobile), è necessario il previo accordo. Se emergono contrasti è possibile rivolgersi al giudice e chiedere la relativa autorizzazione (art. 181 c.c.).

Qualora il coniuge venda un bene mobile o immobile facente parte della comunione dei beni senza l’autorizzazione ed il consenso dell’altro, è possibile tutelarsi ottenendo, per esempio, l’annullamento della vendita ovvero il pagamento dell’equivalente a favore della comunione dei beni. Il tutto, tuttavia, nel rispetto di termini rigorosi e ristretti.

 

La comunione legale dei beni si scioglie per molteplici cause, tra cui la morte di uno dei coniugi, l’omologa della sentenza di separazione, il mutamento convenzionale del regime patrimoniale.

 

Separazione dei beni

Con la separazione dei beni, ogni coniuge conserva la titolarità esclusiva dei beni acquisiti durante il matrimonio. Può costituirsi per volontà dei coniugi, ovvero per effetto di legge o di sentenza.

 

L’obbligo di contribuire ai bisogni familiari resta immutato e ha carattere universale.

Con la separazione dei beni ciascun coniuge:

 

  • Resta titolare esclusivo dei beni acquistati durante il matrimonio, salvo diverso accordo dei coniugi;
  • Ha l’amministrazione, il godimento e la facoltà di disporre dei beni di cui è titolare esclusivo.

 

I patrimoni dei coniugi sono dunque separati, anche se ciò non impedisce loro di avere uno o più beni in comune.

La separazione dei beni, infine, permette di cautelarsi laddove l’altro coniuge si imbatta in una crisi finanziaria o in un fallimento: in questo caso, infatti, possono essere espropriati esclusivamente i beni di titolarità del fallito.