Avvocato Brescia | Figli, la perdita del lavoro fa scattare l’obbligo di mantenimento dai genitori?
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Figli, la perdita del lavoro fa scattare l’obbligo di mantenimento dai genitori?

Figli, la perdita del lavoro fa scattare l’obbligo di mantenimento dai genitori?

Con ordinanza n. 2344/2023 la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema del mantenimento dei figli da parte dei genitori. Un mantenimento che, come noto e come ribadito in numerose occasioni in sede giurisprudenziale di merito e di legittimità, è sicuramente necessario fino a quando i figli sono minorenni, ma meno certo quando i figli compiono la maggiore età.

Quando infatti i figli diventano maggiorenni, il mantenimento è subordinato all’incapacità economica, ovvero all’impossibilità di mantenersi da soli. Ne deriva che il figlio che trova lavoro non ha più diritto ad alcun sostegno dai genitori.

Tuttavia, che cosa accade se il figlio che ha trovato lavoro, dopo poco tempo, lo perde poiché licenziato? In questo caso il figlio deve essere nuovamente mantenuto dai genitori?

La perdita di mantenimento

Cominciamo con il ricordare che il diritto al mantenimento economico dei figli rimane anche dopo la maggiore età se il figlio prosegue gli studi con profitto o nelle more in cui cerchi un lavoro.

Insomma, anche se maggiorenne, permane pur sempre l’obbligo di mantenere il figlio, a patto che costui si impegni a trovare un modo per essere economicamente autonomo subito (cercando un’occupazione) o in termini prospettici (proseguendo con profitto gli studi per disporre di un titolo o un’abilitazione che gli possa consentire di arrivare alla professione ambita).

Se quanto sopra è vero, lo è anche il fatto che il figlio non può rimanere per sempre a carico dei genitori. Dunque, se non ha alcuna intenzione di proseguire con gli studi (o se ha terminato l’Università, per esempio), non può addebitare la colpa della propria inoccupazione alle condizioni di mercato: dopo un certo periodo di inattività, gli può essere negato il mantenimento economico.

Sebbene non vi sia un’età anagrafica da cui si fa decorrere la perdita del diritto al mantenimento, diverse pronunce di legittimità ne hanno stimato una soglia intorno ai 30/35 anni, a seconda del percorso di studi intrapreso. In altri termini, secondo i giudici di Cassazione dopo tale soglia si presume che la disoccupazione dipenda da una sua inerzia colposa.

Ferma restando questa ipotesi, quella più frequente che fa scattare la perdita del diritto al mantenimento economico è l’occupazione: quando il figlio trova un lavoro (non necessariamente a tempo indeterminato) si intende in grado di acquisire una condizione di autonomia dai genitori e, dunque, di capacità di mantenersi da solo.

Il figlio perde il posto di lavoro: riacquisisce il diritto agli alimenti?

Fin qui, una breve ricostruzione di quel che accade in materia di diritto al mantenimento economico dei figli. Ma cosa accade se il figlio ha trovato un posto di lavoro, ma poi lo perde?

Di questo tema si è occupata la sentenza ora in commento, che ha stabilito come non abbia diritto all’assegno di mantenimento il figlio maggiorenne che, a un certo punto, perda il lavoro: per escludere il figlio dal contributo mensile è dunque sufficiente che, in passato, abbia espletato un’attività lavorativa, anche per poco tempo.

Insomma, secondo l’opinione oramai prevalente della giurisprudenza, una volta perso il diritto al mantenimento economico questo non si recupera più, nemmeno nelle ipotesi di più gravi difficoltà economiche o di giovane età del figlio.

Un simile orientamento non ha, peraltro, trovato pieno accoglimento nella dottrina: d’altronde, se è più condivisibile il fatto che il figlio che ha perso il mantenimento economico perché ha trovato lavoro non lo debba ottenere se si è dimesso con lo scopo (principale o secondario) di riottenerlo, potrebbe essere meno condivisibile l’ipotesi di cui si è occupata la Corte, riferibile alla mancata riacquisizione al diritto agli alimenti anche nel caso di licenziamento senza colpe da parte del figlio.

Tuttavia, per i giudici di legittimità la posizione è proprio questa: anche il licenziamento intervenuto dopo poco tempo e senza colpe da parte del lavoratore, non fa riacquistare il diritto al mantenimento economico da parte dei genitori.

Nella pronuncia ora in commento il giudice ha infatti chiarito che “il diritto del coniuge divorziato di ottenere dall’altro coniuge un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest’ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato espletato attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di un’adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento da parte del genitore”.

Pertanto, se il figlio maggiorenne ha già lavorato in passato e ha dimostrato di avere una certa capacità di rendersi economicamente indipendente, allora non ha più il diritto al mantenimento dei genitori anche se successivamente perde il lavoro.

Si ricorda infine come la sentenza ora citata non sia riferibile agli obblighi degli alimenti, che sono fondati su presupposti diversi e il cui interesse può essere azionato direttamente dal figlio e non dal genitore convivente. Il diritto agli alimenti sussiste infatti solo nell’ipotesi di oggettiva impossibilità di procurarsi da vivere (ad esempio, perché la persona è gravemente disabile o anziana e malata) e riguarda solamente lo stretto indispensabile per la sopravvivenza.