Avvocato Brescia | Reati culturalmente orientati: cosa sono e quali sono gli orientamenti giurisprudenziali?
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Reati culturalmente orientati: cosa sono e quali sono gli orientamenti giurisprudenziali?

Cerchi informazioni da un avvocato a Brescia sui reati culturalmente orientati o motivati? Bene, allora continua a leggere attentamente questa guida dedicata.

Negli ultimi anni il fenomeno dell’immigrazione ha portato al continuo fiorire di una società multietnica.

L’appartenenza a etnie diverse può comportare problemi anche dal punto di vista dell’applicazione delle normative del diritto penale, nel caso in cui un soggetto appartenente ad uno Stato straniero commetta un fatto considerato illecito nel nostro paese, ma tollerato nel paese di provenienza.

Si parla di reato culturalmente orientato o motivato e ci si interroga come debba reagire l’ordinamento penale interno: si deve considerare il motivo culturale che ha spinto l’immigrato a commettere il reato, riservando allo stesso un trattamento sanzionatorio particolare, oppure considerare il comportamento criminoso in modo indifferente?

Rispetto a tale tema, lo Stato può adottare due diversi approcci: un approccio di tipo pluralista, fondato sulla massima salvaguardia della diversità culturale o un approccio di tipo assimilazionista, volto ad imporre ai soggetti culturalmente diversi l’accettazione delle normative proprie delle maggioranze.

Tale giudizio appare ancora più complesso quando il reato commesso dal soggetto straniero ha ad oggetto diritti fondamentali della persona come l’integrità fisica, la libertà personale, la libertà sessuale e la vita della vittima.

Dalle numerose pronunce dei giudici e della Cassazione si evince che, nella maggior parte dei casi, si tratta di reati di sangue commessi per difendere l’onore, e di violenze in famiglia.

Si pensi, ad esempio, ai numerosi maltrattamenti ai danni di soggetti deboli (coniuge e figli) da parte dei mariti e dei genitori.

Spesso il motivo della violenza risiede nella punizione dei soggetti che si ribellano alle regole tradizionali e nell’imposizione di matrimoni combinati.

 

Reati culturalmente orientati: alla ricerca di una definizione ad hoc

La dottrina giurisprudenziale ha elaborato la nozione di “reati culturalmente orientati” per indicare quei reati che maturano in particolari contesti culturali, etnici o religiosi.

Nell’ambito di questi reati la problematica principale appare la configurabilità dell’aggravante del motivo futile, di cui all’art. 61 n. 1 del Codice Penale.

L’aggravante in questione sussiste ogni qualvolta la determinazione criminosa sia stata cagionata da uno stimolo esterno così lieve e sproporzionato, tale da apparire insufficiente a provocare l’azione criminosa (cfr. Cass. Pen. 21.09.2007 Z.H.H.).

In altre parole, la motivazione culturale dell’autore, in sede giudiziaria, giustifica un aggravamento della risposta sanzionatoria quando l’offesa viene rivolta nei confronti dei beni primari della vittima (salute, libertà di autodeterminazione sessuale, vita, etc.).

Nel caso in cui il reato culturale attinga interessi di natura non personale, si vengono a registrare oscillazioni giurisprudenziali in relazione a fatti ontologicamente assimilabili.

 

Come reagisce il diritto in presenza di reati culturalmente motivati?

Come già anticipato le reazioni dei sistemi penali europei a tali tipologie di illecito sono tradizionalmente riconducibili a due modelli.

Quello “assimilazionista” è totalmente insensibile dinanzi alla diversità culturale, e saldamente ancorato ad un’interpretazione formale del principio di uguaglianza. In breve, non importa a quale cultura il reo dichiara di appartenere: se quella condotta costituisce reato per tutti i cittadini, egli è punibile al pari degli altri.

Di questo modello esiste anche una variante, definita “modello assimilazionista discriminatorio”, che eleva la differenza culturale ad elemento in grado di giustificare un inasprimento della sanzione.

L’Italia sembra aver optato per tale modello e ne sono una valida conferma due importanti interventi normativi: la legge 9 gennaio 2006 n. 7, che ha introdotto all’art. 583-bis il delitto delle mutilazioni genitali femminili, e la legge 15 luglio 2009 n. 94, che ha trasformato il reato di impiego di minori dell’accattonaggio da contravvenzione a delitto.

Con il primo intervento legislativo si è inteso punire severamente le pratiche di mutilazioni genitali effettuate in alcune comunità di origine africana di religione musulmana. L’orientamento giurisprudenziale ha previsto un trattamento sanzionatorio più elevato rispetto a quello ordinariamente previsto per le lesioni gravissime.

Con il secondo intervento, il legislatore ha perseguito lo stesso intento: punire più severamente il fenomeno dell’accattonaggio minorile, usanza tipica di alcuni gruppi rom.

Oltre al modello assimilazionista, l’altro modello è quello “multiculturale”, volto ad accordare rilevanza in sede penale al fattore culturale.

Si tratta di un modello diffuso nei paesi anglosassoni, quali USA e Inghilterra, dove da tempo si ricorre all’istituto della “cultural defense”, che può anche escludere la responsabilità dell’autore di reati culturali.

Si tratta di una tecnica difensiva che valorizza l’appartenenza dell’imputato ad una minoranza culturale.

 

Reati culturalmente orientati: Casi emblematici

Un caso recente che merita massima attenzione è la pronuncia della Suprema Corte (sentenza 6 settembre 2019 n. 37315) in relazione ad un caso di violazione della fattispecie di cui all’art. 600 c.p. [disciplinante il reato di Riduzione in schiavitù].

La Corte ha riaffermato il principio già formulato in altre occasioni: l’aver agito uniformandosi a dettami di matrice etnica non inficia la rilevanza penale della condotta.

Ai fini della configurabilità del reato di riduzione in schiavitù non incidono le particolari motivazioni culturali o di costume che hanno mosso il soggetto agente.

Le condotte rilevanti oggetto d’attenzione consistevano nell’aver introdotto dalla Romania nel territorio dello Stato italiano delle donne al fine ultimo di venderle come spose a uomini rom dietro corresponsione di denaro.

La Corte, richiamando un analogo caso di acquisto di una minore kosovara (cfr. Cass. pen., sez. V, 5.5.2016, n. 23052), ha affermato che i quattro imputati hanno agito uniformandosi ai “dettami di origine etnica”, convinti di non aver “tenuto comportamenti antigiuridici” in linea con la loro personalissima cultura.

Reati culturalmente orientati: Conclusioni

 

Fermo restando che la dignità umana non è solo un diritto fondamentale, ma costituisce la base stessa dei diritti fondamentali, e che va tutelata in ogni contesto socio-culturale, diversa può presentarsi la situazione in presenza di reati culturalmente orientati.

In conclusione, si può affermare che oggi nel nostro Paese esiste una sorta di doppio binario in ordine alla rilevanza penalistica del fattore culturale: il trattamento è di favore o di sfavore a seconda del tipo di res oggetto di offesa. Se in discussione vi sono il bene della vita, dell’integrità fisica, della salute e della libertà personale, i Giudici italiani sono fermi nel non giustificare la condotta di chi agisce violando questi beni fondamentali in nome della propria cultura, ma, anzi, a punirla più severamente.

Per maggiori informazioni o per richiedere una consulenza legale, è possibile rivolgersi al nostro studio legale a Brescia tramite il modulo di contatto nella pagina “contatti”.