Avvocato Brescia | Relazioni sentimentali e diritti successori
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Relazioni sentimentali e diritti successori

È ancora necessario sposarsi per essere tutelati nel caso in cui dovesse succedere qualcosa al proprio partner?

In questo articolo cercheremo di capire se, nonostante la riforma sulle unioni civili e le convivenze di fatto di un paio di anni fa effettivamente qualcosa è cambiato sul punto.

Approfondiremo quindi il tema della connessione tra Relazioni sentimentali e diritti successori, ovvero sull’eredità spettante al coniuge, coniuge separato o divorziato, persona legata al defunto da unione civile o da convivenza di fatto.

Innanzitutto, si parla di successione legittima (detta anche ‘ab intestato’) quando, in assenza di un testamento che identifichi gli eredi, l’eredità viene devoluta in base a quanto stabilisce la legge, secondo il rapporto di parentela tra il de cuius e gli eredi. Al contrario, nella successione testamentaria, il defunto ha disposto il suo patrimonio tramite testamento olografo (pubblico o segreto); nel testamento, tuttavia, il defunto – se gli sopravvivono figli, coniuge o ascendenti – non può disporre liberamente come crede di tutte le proprie sostanze, dovendo rispettare una quota riservata alle predette figure, cui la legge in ogni caso riconosce rilevanza [c.d. legittimari].

Relazioni sentimentali e diritti successori: quota ereditaria spettante al coniuge superstite

Nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, discendenti, ascendenti, collaterali, altri parenti e (in caso di assenza di parenti entro il sesto grado) allo Stato.

Entriamo nel vivo del focus concentrando il nostro interesse sugli articoli da 581 a 585 del Codice civile (successione del coniuge).

La legge sulla successione legittima tutela la famiglia del de cuius con preferenza del coniuge e dei figli su tutti gli altri congiunti individuati come eredi dalla legge.

La quota di eredità spettante al coniuge varia a seconda della presenza o meno di altri parenti:

– con un figlio del defunto (art. 581) l’eredità è ripartita per metà al coniuge e per metà al figlio;

– con più figli del de cuius (art. 581) un terzo dell’eredità spetta al coniuge e due terzi a tutti i figli;

– con gli ascendenti del defunto e senza altri parenti (art. 582) due terzi dell’eredità spettano al coniuge, un terzo agli ascendenti. Si applica la stessa ripartizione anche nel caso in cui vi siano soltanto fratelli o sorelle senza ascendenti;

– con ascendenti, fratelli e sorelle senza la presenza di figli (art. 582) al coniuge vanno due terzi dell’eredità, mentre un terzo a tutti gli altri parenti;

– al coniuge spetta tutta l’eredità in assenza di genitori del defunto o di altri parenti (art. 583).

Riguardo ai figli, è bene specificare che la legge li pone tutti sullo stesso piano, compresi i figli adottati, nati da genitori non sposati (riconosciuti o dichiarati tali giudizialmente) e figli nati da genitori non sposati che, dopo la nascita, contraggono matrimonio.

Relazioni sentimentali e diritti successori: coniugi separati

Il coniuge separato (in via giudiziale o consensuale) mantiene i diritti acquisiti con il matrimonio (quindi, la quota di eredità che gli spetta per legge secondo le ripartizioni viste in precedenza per il coniuge sposato).

Il coniuge separato superstite avrebbe diritto alla sua quota di eredità anche nel caso in cui il defunto, in un eventuale testamento, lo escludesse dall’eredità o gli lasciasse una quota inferiore al minimo garantito, pur andando contro la volontà del de cuius.

Il coniuge separato ha diritto alla pensione di reversibilità dell’ex defunto, anche quando rinuncia all’eredità.

Non ha diritto alla successione in caso di separazione con addebito a suo carico. L’unica eccezione a questo principio (separazione con addebito) si verifica quando il coniuge superstite, al momento della separazione, si trovava in una situazione di indigenza e povertà tale da ottenere gli alimenti dall’ex coniuge. In questo caso, dopo la morte dell’ex coniuge, il coniuge separato superstite ha diritto ad un assegno vitalizio a carico degli eredi legittimi o alla pensione di reversibilità dell’ex coniuge defunto.

I diritti successori del coniuge separato in vita sono disciplinati dall’art. 548 Codice civile.

Al coniuge divorziato spetta la quota di eredità dell’ex defunto?

A seguito del divorzio, il vincolo matrimoniale è sciolto definitivamente: il coniuge divorziato superstite cessa di far parte dell’asse ereditario dell’ex defunto.

Il coniuge in vita divorziato perde tutti i diritti ereditari.

Esistono, anche in questo caso delle eccezioni.

Se il defunto in vita versava l’assegno divorzile all’ex coniuge, gli eredi dovranno continuare a versarlo nei limiti dell’eredità percepita. Se, però, il coniuge divorziato superstite convola a nuove nozze perderà il diritto all’assegno divorzile.

Al coniuge divorziato superstite percettore di assegno divorzile spetta la pensione di reversibilità in caso di morte dell’ex iscritto all’ente previdenziale prima della sentenza di divorzio. Se il defunto in vita si era risposato, il coniuge divorziato ed il secondo coniuge superstite percepiscono unitamente la pensione di reversibilità pro quota, di solito pari al 40% in favore del coniuge divorziato ed al restante 60% in favore del secondo coniuge. In ogni caso, spetta al Giudice la quantificazione delle quote, tenuto conto di precisi criteri, primo fra tutti la durata dei vincoli coniugali.

Successione legittima: Legge sulle unioni civili e convivenze di fatto

Le coppie di fatto e le unioni civili sono state riconosciute con la Legge Cirinnà (n. 76/2016).

Cosa succede, in caso di morte del coniuge, in questi casi?

Quali sono i diritti successori per i partner superstiti di queste coppie?

Per beneficiare degli effetti giuridici, la coppia di fatto deve presentare una dichiarazione all’anagrafe del Comune di residenza. In seguito, tale dichiarazione risulterà dal certificato di stato di famiglia.

L’unione civile produce effetti giuridici soltanto dopo aver registrato l’atto (una dichiarazione di volontà di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di almeno 2 testimoni) nell’archivio dello stato civile. Da questo archivio risulta anche il regime patrimoniale deciso dalla coppia.

Per legge, in caso di morte di uno dei conviventi, il partner in vita non diventa erede dell’altro. Ha soltanto il diritto di:

– succedere nel contratto di affitto della casa di comune residenza;

– continuare ad abitare nella casa di comune residenza, di proprietà del defunto, per i 2 anni successivi alla morte o pari alla convivenza e, comunque, non superiore a 5 anni;

– essere risarcito per danni da terzi che abbiano causato il decesso del convivente.

È possibile nominare erede il convivente tramite testamento.

Al contrario, il ‘membro dell’unione civile’ è affiancato al ‘coniuge‘, dunque acquisisce gli stessi diritti successori del coniuge superstite. Si applica tutta la normativa sulla successione legittima, pensione di reversibilità, trattamenti previdenziali e pensionistici, ecc.

Inoltre, in caso di scioglimento dell’unione civile, il partner superstite ha diritto ad un assegno, a carico dell’eredità, se il defunto in vita gli corrispondeva un assegno di mantenimento.

La Legge Cirinnà, quindi, ha “deluso” le aspettative delle c.d. “coppie di fatto”, non estendendo ai conviventi i diritti successori riconosciuti solo ai coniugi e, dal 2016, anche agli uniti civilmente. Attualmente, ordunque, il convivente, per destinare il proprio patrimonio in favore del partner, deve necessariamente lasciare un testamento contenente le proprie ultime volontà. Il testamento può essere olografo, ovverosia redatto di proprio pugno dal testatore, portante data certa e in calce la firma del medesimo, ovverosia pubblico, redatto e conservato presso un soggetto le cui certificazioni hanno la validità di pubblica fede (Notaio). In ogni caso, se il partner ha figli o ascendenti – cui la legge riserva in ogni caso una quota dell’eredità a causa del vincolo di sangue, che garantisce loro il titolo di legittimari – è possibile devolvere al convivente solo la c.d. quota disponibile (ad esempio, se il testatore ha 2 o più figli, 2/3 dell’eredità in ogni caso spettano a questi ultimi, mentre per 1/3 è libero di destinarli a persona diversa, ad esempio il convivente).

Se il convivente di fatto decede senza lasciare testamento, al partner non spetta alcunché.